Alessia Cadetti, Claudia Marchese e Federica Pace incontrano l’artista Dani Karavan (Tel Aviv, Israele, 1930), affrontando con lui e con la figlia Noa l’importante e delicato tema della conservazione delle sue opere, a partire dalle modalità di realizzazione.

16 maggio 2017 – Casa dell’artista, Firenze

Dani Karavan è stato definito da molti artista impegnato, scultore politico. Egli ha fatto dell’arte pubblica, ovvero di un’arte nata, pensata, voluta per la collettività, la ragione di tutto il suo percorso artistico.

Forse anche per questo, è stato chiamato a lasciare un segno in molte parti del mondo, da Israele, all’Italia, a diversi stati dell’Europa, al Giappone. Le sue opere sono eseguite negli spazi urbani o immerse nell’ambiente e realizzate con materiali tradizionali (cemento bianco, ferro, acciaio corten, ecc.), elementi naturali (sole, acqua, vento, sabbia, ecc.) e talvolta la tecnologia (come il raggio laser).

Queste ragioni rendono urgente una riflessione sulla loro conservazione, per trovare corrette vie che mantengano inalterato il messaggio originale voluto dall’artista. L’intervista è un primo passo per affrontare queste problematiche e per individuare prime linee guida che siano un utile riferimento per le istituzioni coinvolte nel percorso di salvaguardia delle opere.

L’intervista è stata pubblicata sul volume L’esperienza dell’arte pubblica e ambientale tra storia e conservazione.

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